Il mondo con gli occhi (e la lingua) dei francesi
Pare che il modo in cui una lingua descrive i colori, dica molto sulla cultura che rappresenta. Ecco come i francesi vedono il mondo (e come la loro lingua lo descrive)
Bianco
I colori sono tra le prime parole che si imparano in una nuova lingua, quindi, per sentito dire o se avete studiato un po’ di francese, saprete che “bianco” si dice blanc. Ma sapevate che per indicare un bianco puro, mentre noi diciamo “bianco latte”, in francese dicono “bianco lunare” (blanc lunaire)?
Il nostro “bianco sporco” invece, in Francia è chiamato “bianco rotto”, ovvero blanc cassé. Per non parlare del coquille d’œuf (“color guscio d’uovo”), una tonalità intermedia tra bianco e beige che per noi italiani non è altro che il “bianco sporco” citato prima, o tutt’al più un “beige molto chiaro”.
Giallo
Il giallo è un colore di cui i francesi conoscono moltissime varianti. Il nostro “giallo paglierino” diventa infatti “giallo paglia” (jaune paille), ma esistono anche, ad esempio, il “giallo mais” (jaune maïs) e il “giallo Marte” (jaune de Mars).
Il “jaune de Mars” è un pigmento molto simile all’ocra costituito da ossidi di ferro sintetici e pertanto deve il suo nome al dio della guerra e protettore del ferro, che per i romani era, giust’appunto, Marte. Molto poetico è invece il “color aurora” (aurore), un giallo leggermente rosato simile proprio al colore del cielo prima del sorgere del Sole.
Completamente sconosciuto agli italiani è inoltre il color Nankin, nome francese della città cinese in cui in passato veniva prodotto l’omonimo tessuto dal colore giallo chiaro.
Arancione
Molti anche i modi per parlare di arancione in francese. Oltre al semplice orange infatti, esistono anche l’arancione “mandarino”, l’arancione “carota” e l’arancione “zucca” (detti rispettivamente mandarine, carotte e citrouille). Nessuna traccia invece del nostro “color pesca”, ma attenzione al capucine, altra variante di arancione che deriva dal nome di un fiore e non ha nulla a che fare con il cappuccino da bere (il cui colore si può però indicare con l’espressione café au lait, ovvero “caffellatte”).
Rosso
Se pensate che “rosso pomodoro”, “rosso ribes” e “rosso sangue di bue” siano già abbastanza variazioni, sappiate che per i francesi non è così. Infatti, oltre al rouge tomate, rouge groseille e rouge sang de bœuf, essi conoscono anche il “rosso inglese” e il “rosso cardinale”. Il rouge anglais viene chiamato così perché erano di un rosso particolarmente vivo le divise delle Horse guards britanniche (il reggimento di cavalleria nato nel 1650 e rimasto in servizio fino al 1969), mentre il rouge cardinal deve il suo nome agli abiti dei cardinali della Chiesa cattolica, a cui fece riferimento anche il celebre Stendhal nel suo romanzo del 1830 Le Rouge et le Noir.
Il colore tipico degli abiti dei vescovi dà invece il nome a una tonalità nota come “viola vescovo” (violet d’évêque). Inoltre, nell’ambito dell’enologia, in francese non si distinguono solo il bianco, il rosso e il rosé. Tra le moltissime sfumature che esistono per indicare i diversi tipi di vino, quella che più mi ha colpito è il “buccia di cipolla” (pelure d’oignon), utilizzata per indicare i vini rosé della Provenza.
Blu
Così come in italiano esiste il “blu petrolio”, in francese esiste il bleu pétrole, ma esistono anche il “blu acciaio”, il “grigio acciaio” e il “grigio ferro” (bleu accier, gris accier e gris fer).
Siete un po’ confusi? Non preoccupatevi, esistono anche il “blu pavone”, il “blu carretto”, il “blu Klein” e il “blu Majorelle”. Mentre non c’è bisogno che vi dica da cosa deriva il nome del bleu paon, sull’origine delle altre tonalità che vi ho appena elencato vale invece la pena soffermarsi. Il bleu charrette è un blu chiaro che deve il suo nome ai “carretti” presenti in molti quadri francesi e rappresentati sempre nella stessa tonalità. Inoltre, nel 1980, dopo la pubblicazione della biografia dello scrittore francese René Barjavel (intitolata proprio La Charrette Bleue), in Francia, molti comuni scelsero di raffigurare dei carretti blu per decorare strade e muri dei centri storici.
Yves Klein è invece il nome di uno dei pittori più famosi del secondo dopoguerra francese e il bleu Klein è stato creato proprio da lui, che lo definì “la più perfetta espressione del blu”. In quanto precursore della Body art, Klein collaborò con molte modelle, facendole intingere nel suo IKB (“International Klein Blue”) cosicché potessero poi lasciare sulla tela delle impronte o, come lui stesso preferiva chiamarle, delle “tracce di vita”. IKB è inoltre il titolo di una delle sue tele più famose, un monocromo realizzato proprio con il suo blu preferito, colore che ovviamente compare prepotentemente anche in moltissimi altri suoi quadri.
Jacques Majorelle è invece il pittore orientalista francese, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, che realizzò quella miscela di blu e viola che ancora oggi porta il suo nome.
Verde
Se “verde avocado” (avocat) e “verde mandorla” (amande) vi sembrano espressioni bizzarre, aspettate di leggere le prossime. Esiste infatti nella letteratura francese un pastore di nome Céladon, protagonista del romanzo di Honoré d’Urfé intitolato L’Astrée. Tale romanzo risale al Seicento ed ebbe un tale successo che Céladon, sempre vestito di verde, diede il nome alle ceramiche cinesi che andavano molto di moda in quel periodo, nonché al colore che le caratterizzava, che era appunto un verde molto chiaro.
Conosciuto esclusivamente in Francia è inoltre il “verde vescica” (vert de vessie), a cui venne attribuito questo nome perché era originariamente prodotto con una bacca che veniva sciolta al sole e poi conservata nella vescica di maiali o buoi. “Verde imperiale” (vert impérial) è invece un verde scuro molto utilizzato dalla corrente neoclassica dello Style Empire, da cui prese il nome. Infine, il “verde veronese” (vert Véronèse) deve questa denominazione a un pittore italiano del Cinquecento molto famoso in Francia, ovvero Paolo Caliari, detto il Veronese in onore della sua città natale.
Esistono però anche molte sfumature che sono ben riconoscibili sia dagli italiani sia dai francesi e che possono essere tradotte letteralmente da una lingua all’altra. Eccone alcune.
Cibo
Una serie di colori che si traducono alla lettera, si trovano spesso sia sulle tavole degli italiani, sia su quelle dei francesi. È il caso ad esempio, dei colori melanzana, nocciola, senape, burro, crema o panna, ma anche del rosso fragola, del viola prugna, del verde menta e del verde pistacchio (non riguardano l’ambito alimentare, ma potrete tradurre letteralmente anche il verde bottiglia e il verde militare).
In francese esistono infatti i colori aubergine, noisette, moutarde, beurre, crème, fraise, prune, menthe, pistache (oltre al vert bouteille e al vert armée).
Animali
Molti sono anche i colori che fanno riferimento al mondo degli animali. Sono infatti tonalità pronunciate piuttosto frequentemente dai francesi il poil de chameau (cammello), il gris souris (grigio topo), il tourterelle (tortora), il jaune canari (giallo canarino) e il saumon (salmone). Ci sono poi concetti che non conoscono confini ed esistono infatti, sia in italiano, sia in francese, colori come il blu cielo (bleu ciel), il blu notte (bleu nuit), il verde acqua (vert d’eau) e il rosso fuoco (rouge feu).
Ora che avete imparato queste “sfumature” del francese, potete dire di conoscere una piccola parte della cultura francofona, della visione che i francesi hanno del mondo e del modo in cui la loro lingua cerca di rifletterla.
Articolo preso da https://it.babbel.com/it/magazine/colori-francese
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